Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/107

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   [v. 121-130] c o m m e n t o 95


C. III — v. 121-130. In questi tre ternari et uno versetto lo nostro autore finge come Piccarda finì lo suo ragionamento, e finito si sparìo et elli tornò a ragguardare Beatrice, dicendo così: Così parlommi; cioè Piccarda parlò a me Dante così, come è stato detto di sopra, e poi cominciò: Ave Maria, cantando; ecco che finge che quelli beati spiriti cantasseno la salutazione della Vergine Maria, che è verisimile fizione che li spiriti beati istiano in canti et allegrezze delle cose dette; ma allegoricamente intende di quelli che sono di santa vita nel mondo, che sempre tornano dopo li virtuosi ragionamenti e pensieri ai canti et alle lode d’Iddio e dei Santi, e cantando vanio; cioè e cantando sparitte da’ miei occhi; ma allegoricamente intende che uscisse fuora della sua mente: imperò che non aveva più a trattare di lei, Come per acqua cupa cosa grave; ecco che fa la similitudine che, così profondò nel corpo lunare Piccarda sì, che non la vidde poi, come la cosa grave nell’acqua cupa: imperò che va a fondo. La vista mia; cioè la mia virtù visiva, dice l’autore, che; cioè la quale, tanto la seguio; cioè tanto seguitò Piccarda, Quanto possibil fu; cioè di seguitarla a me Dante, poi che la perse; cioè poi che la mia vista perdette lei, che non la potetti più vedere, Volsesi al segno; ciò volse la mia vista al segno, cioè a Beatrice che era mia guida per questo luogo, come lo sengno guida chi lo seguita, di maggior disio; cioè di maggiore desiderio 1: maggiore desiderio avea l’autore d’essere informato da Beatrice della verità della Santa Scrittura, che di seguitare la sua poesi e fizione. Et a Beatrice; ecco che dichiarò qual fusse questo sengno, dicendo che fu Beatrice, tutta si converse; cioè la mia vista tutta si convertì a Beatrice, Ma quella; cioè Beatrice, folgorò; cioè risplendè, nel mio; sguardo; cioè nel mio ragguardamento, Sì che da prima il viso; cioè mio; nol sofferse; cioè lo suo fulgore, cioè sì grande fu che mi abballiò e non potei sofferire a guardare Beatrice al principio; ma avvezzato lo soffersi. E ciò mi fece; cioè e questo abballiamento ch’io ebbi al principio me Dante fece più tardo; che non sarei stato, a dimandar; cioè Beatrice dei dubbi, che m’erano levati nella mente. E per questo dà ad intendere lo nostro autore che, finita la sua fizione, ritornò alla dottrina della Santa Scrittura, la quale è di tanto splendore che ogni vista vince nel primo sguardo; ma poi, se l’omo dura, Iddio infonde la sua grazia nella mente, unde ella diventa abile ad intendere 2 le sue grandi considerazioni. E qui finisce il canto iii 3, et incominciasi lo quarto.

  1. Con la scorta del Magl. abbiamo ripetuto - maggiore desiderio. E.
  2. C. M. a considerare le
  3. C. M. iii, e seguita lo iiii del paradiso.