Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/282

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   270 p a r a d i s o   viii. [v. 115-126]   

Filosofica Consolazione: Quis enim, coercente in ordinem cuncta Deo, locus esse ullus temeritati reliquus potest? — Vuoi; cioè, tu; Dante, che questo ver; cioè questa verità la quale io t’ò detto, cioè che le cose tutte vegnono al fine che la providenzia di Dio àe proveduto, sempre provedente lo meglio per l’universo, più ti s’imbianchi; cioè più ti faccia chiaro? Et io; cioè Dante rispuosi, s’intende: Non già; voglio, perchè impossibil veggio; cioè tutto questo che seguita, Che la Natura; cioè naturante, che è Iddio, stanchi; cioè vegna meno, in quel, che è opo; cioè nelle cose necessarie. Et anco questo è vero della natura naturata come dice lo Filosofo: Natura nunquam deficit in necessariis; e se alcuna volta si truova venire meno, questo è per difetto della materia, et è contra noi. E così appare una maggior proposizione essere vera, cioè che ogni cosa è produtta al suo fine della virtù informativa dei cieli e dei pianeti e stelle secondo la providenzia d’Iddio, secondo che è meglio per l’universo. E però adiunge in questa altra parte la prova della minore, cioè meglio è che gli uomini siano di diverse condizioni che se tutti fussono di una per l’universo; dunqua seguita la conclusione che la providenzia di Dio sia cagione della diversità dei generanti da’ generati, che è la risposta del dubbio mosso di sopra; cioè come può essere che di buon padre esca tristo figliuolo et e contrario? Lo padre ben genera simile a sè in specie; ma non in’individuo: però che altri accidenti ànno li figliuoli che i padri, e l’uno uomo che l’altro, seguitando la providenzia d’Iddio. Seguita.

C. VIII — v. 115-120. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come lo spirito beato, introdutto a parlare, pone la pruova della minore posta di sopra, adiunta a la maggiore; cioè meglio è per l’universo che gli uomini siano di diverse condizioni, che se tutti fusseno d’una; e questo si pruova per questa ragione: Meglio viveno li uomini insieme che li solitari; e vivere insieme non si può se non con diversi offici, dunqua meglio è che gli uomini siano di diverse condizioni che se tutti fussono d’una. La maggiore è vera, perchè l’uomo è compagnevile animale e naturato a vivere accompagnato, sicchè meglio è la vita civile che solitaria. La minore è vera; che a vivere insieme convegnano gli uomini essere di diverse condizioni, come dice lo Filosofo, e così seguita la conclusione. Dice adunqua 1 così Ond’elli; cioè per la qual cosa elli, cioè Carlo, ancora; cioè oltra quello che detto è adiunse per modo di dimando: Or dì; cioè tu, Dante, serebbe il peggio; cioè per l’università degli uomini; e però dice: Per l’omo; cioè per gli uomini, se non fusse cive in terra; cioè se non, fusse in terra, cioè nel mondo, insieme l’uno coll’altro?

  1. Adunqua, adunque, dunqua, dunque dalle due particelle latine ad tunc. E.