Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/387

Da Wikisource.

canto

xxi. 377

Render solea quel chiostro a questi Cieli Fertilemente, e ora è fatto vano, Sì che tosto convien, che si riveli. l2O In quel loco fui io Pier Damiano, E Pietro Peccator fui nella casa Di Nostra Donna in sul lido Adriano. I3 Poca vita mortal m’ era rimasa; Quando io fui chiesto e tratto a quel cappello. Che pur di male in peggio si travasa. l26 Venne Cephas, e venne il gran vasello Dello Spirito Santo, magri e scalzi Prendendo il cibo di qualunque ostello: l2i Or voglioti quinci e quindi clii rincalzi Li moderni pastori,e chili meni, Tanto son gravi e chi diretro gli alzi. l32 Copron dei manti loro i palafreni, Sì che duo bestie van sotto una pelle: O pazienza, che tanto sostieni! l3i A questa voce vidi io più fiammelle Di grado in grado scendere e gira rsi: E ogni giro le facea più belle. 138 D’ intorno a questa vennero e fermarsi, E fèro un grido di sì alto SUOnO, Che non potrebbe qui assomigliarsi: Nè io lo intesi, sì mi vinse il tuono. COMMENTO DI BENVENUTO Coritemplanti della vita solitaria. Il canto si divide in quattro parti. Nella prima, il Poeta ascende al settino cielo di Saturno. Nella seconda, si manifesta uno Spirito contemplativo. Nella terza, ricerche a detto Spirito. Nella quarta, li