Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/489

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canto

xxviii. I,7)

Distante iALoriI() ai pno Ori cerchio d’ igne Si girava sì ratto, che avria vinto Quel moto che più tosto il mondo cigne: E questo era d’ un altro circuncinto, E quel dal lerzo, e il terzo poi dai quarto, Dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinlo. 50 Sopra seguiva il settimo sì sparto Già di larghezza, che il messo di Juno intorno a contenerlo sarebbe arto. 55 Così l’ottavo, e il nono; e ciascheduno Più tardo si movea, secondo ch’era in numero distante più dall’uno: E quello avea la fiamma più sincera, Cui men distava la favilla pura; Credo, però che più di lei s’invera. La Donna mia, che mi vedeva in cura Forte sospeso, disse: da quel punto Dipende il Cielo e tutta la Natura. 42 Mira quel cerchio che più è congiunto, E sappi che il suo movere è sì tosto Per l’affocato amore onde egli è punto. E io a lei: se il mondo fosse posto Con l’ordine ch’io veggio in quelle ruote, Sazio mi avrebbe ciò che mi è proposto. 48 Ma nel mondo sensibile si puote Veder le cose tanto più divine, Quanto cile son dal centro più remote. Onde, se il mio desio deve aver fine In questo miro e angelico tempio, Che solo amore e luce ha per confine, Udir conviemmi ancor come l’esempIo