Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/543

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CASTO XXXI. gli occhi miei: ma nulla mi facea tanta distanza che sua effige non discendeva a me per mezzo misto che 1’ immagine sua non mi arrivava frammista ad alcun corpo posto fra gli occhi del riguardante e 1’ oggetto veduto, come nel mondo. O donna in cui la mia speranza vige o donna, che rinforzi ogni mia speranza e che soffristi lasciar te tue vestige in Inferno per la mia salute e che scendesti fin nell’ Inferno per condurmi a salvezza riconosco la grazia e la virtute di tante cose quant o veduto dal tuo poder e dalla tua bontate tutto il profitto tratto dal vedere l’inferno, che scorsi colla guida di Virgilio cia te mandato, il quale pure mi accompagnò nel Purgatorio, e dall’ esser degno di vedere il Paradiso condotto da te stessa, io tutto riconosco dal tuo potere e dalla tua bontà. tu m ai di servo tracto a Ubertade tu dalla schiavitù delL’ignoranza e de’ vizi mi hai messo nella libera strada della virtù e della scienza per tutte quelle vie per tutti modi che di cio fare avean podesta col timore delle pene ch’ io vidi sofferte dai viziosi, e col premio che Dio accorda ai vii’tuosi. la tua magnificentia in me custodi in me custodisci gli effetti della tua magnificenza, che questa ha luogo ne’ grandi doni, la liberalità ne’piccoli si che I anima mia che facta hai sana piacente a te dal corpo si disnodi si che l’anima mia che tu risanasti dall’ ignoranza e dai vizi, piaghe dell’anima. — L’ uomo è afflitto primamente da tre mali — ignoranza — vizio — miseria; ma quest’ ultima affligge il corpo, le prime due I’ anima — sotto de’ tuoi precetti si separi dal corpo. Io cosi orni cosi pregai e quella cosi lontana come parea sorrise e riguardomi gratulando e Beatrice, tanto lontana come sembrava, mi sorrise guardandomi, quasi a compiacenza del mio animo grato poi si torno al eterna fontana poi tornò a contemplar Dio, da cui sgorga ogni feliciti. e 1