Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/575

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canto

XXXIII.

unti sola parvenza mutandom io a me si travagliava non perchè nel vivo lume, cioè in Dio, fosse varietà di aspetti, ma perchè la mia vista, avvalorandosi nel mirare in lui una medesima sembianza si cangiava rispetto a me, cioè si trasmutava in meglio al mutarsi della mia virtù visiva. Ne la profunda e chiara sussistenza de I alto lume nell, essenza del sommo splendore parveni tre giri mi apparve la figura della Trinità in tre giri di tre colori e duna contenenza di tre colori e di una sola misura e lun da laltro come In da In panca reflexo e 1’ un cerchio o giro colorato parea proveniente dall’altro come Iride da Iride e 1 terzo parea foco che quinci e quindi egualmente spiri ed il terzo — lo Spirito Santo, — pareva fuoco che in ogni luogo o parte spirasse amore, o che spirava dall’ uno e dall’ altro dei due giri, o quanto e corto il dire e come fioco al mio concepto! oh quanto è scarso in me il potere della parola, e come debole ad esprimere il mio concetto! e questo a quello eh io vidi ee tanto poco che non basta a dicere poco e questo ch’ io uso, questo mio linguaggio a petto di quanto vidi è così scarso, che la parola non basta ad esprimere con proprietà questa scarsezza. Dante è prudentissimo nel trattare la Trinità per non somigliare il fanciullo che tentava con un cucchiaio di vuotare il mare. o luce eterna che sola in te sidi o eterna luce, che sola in te riposi! sola te intendi t’intendi da te sola e da te intellecta et intendente te a me arridi e da te intesa ami e gioisci di essere sola intendente te stessa. quella cinculation che si concepta pareva in te come lume reflexo dagli occhi miei alquanto eircumspecta dentro da se del suo colore stesso mi parve pineta e figurata di la nostra effige quello de’ tuoi giri, che pareva procedere da te, come il raggio riflesso procede dal raggio diretto, alquanto intorno guardato dagli occhi miei,parDigitized by Google