Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/414

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             404 p u r g a t o r i o   xvii. [v. 85-96]

strare la sentenza che ditta è; cioè come amore è radice d’ogni nostro atto, dicendo Nè creator; cioè Iddio che àe creato ogni cosa, nè creatura; ch’è tutte le cose create: e benchè in tutte le cose create, secondo che dice Boezio, sia inclinazione naturale a conservare lo suo essere; la quale inclinazione chiama amore, lo nostro autore ristringe ora questo nome creatura solamente all’omo, lo quale per li atti del libero arbitrio merita e demerita; e così debbiamo intendere, fu mai senza amore; questa proposizione è verissima, che mai Iddio non fu sensa amore: imperò che sempre fu co lo Spirito Santo, e similemente l’omo non fu mai sensa amore: imperò che non si trova omo, nè trovò mai sensa volontà, Cominciò ei, filliuol; cioè Virgilio incominciò a dire a me Dante, chiamandomi filliuolo, O naturale o d’animo; qui dimostra l’autore che l’amore si divide in due spezie: imperò che alcuno è naturale, et alcuno è animale: lo naturale amore è la inclinazione naturale, che tutte le cose create ànno ad acquistare la perfezione del suo essere se non l’ànno, et a conservare lo suo essere, s’ei l’anno; l’animale amore è solamente ne le creature ragionevili. e tu; cioè Dante, il sai: imperò che ài studiato la Filosofia che dimostra questo. Lo naturale; cioè amore, è sempre senza errore: imperò che niuna cosa creata è che non desideri la perfezione del suo essere naturalmente, se non l’àe, e lo conservamento de l’essere che àe, et in questo non si può errare, Ma l’altro: cioè l’amore animale, puote errar per male obietto; cioè per amare lo male e ’l vizio: e questo è l’uno modo in che l’amore animale erra; cioè amando lo male. O per troppo o per poco di vigore1; questi altri sono due modi ne’ quali erra l’amore animale; cioè o amando troppo2 o amando poco quello che si dè amare moderatamente; cioè lo bene utile mondano e dilettevile amandolo troppo, o amando pogo quello che vigorosamente si dè amare e perfettamente sopra tutte le cose, cioè lo primo e lo sommo bene; cioè Iddio, e lo bene onesto che sono le virtù. E così abbiamo che l’amore animale, che procede de la volontà nostra, non può errare se non in tre modi: cioè in amare lo male lo quale non si può amare, se non sotto specie di bene; in amare lo sommo bene, e onesto pogo; et in amare lo ben mondano o pogo o troppo. Et intendesi lo bene mondano l’utile e lo dilettevile; li quali beni si debeno amare moderatamente.

C. XVII — v. 97-105. In questi tre ternari lo nostro autore dimostra come Virgilio, seguitando la divisione posta di sopra, con-

  1. Nel libro terzo, alle Dichiarazioni all’Etica d’Aristotele, B. Segni accennando a questo ternario, manifesta come ne’ desidèri naturali e comuni non s’erra; ma sì ne’ propri. E.
  2. C. M. troppo moderatamente ciò, e lo secondo è imperfetto bene utile e dilettevile, o amando poco quello che si dè amare; cioè lo bene mondano, o amando poco quello che vigorosamente