Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/531

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avarizia del quale s’era purgato: questo era uno dei sette P, che li scrisse lo portonaio del purgatorio ne la fronte co la punta de la spada; et altro testo dice: un colpo: imperò che l’angiulo li avea scritto ne la fronte li vii P1 col puntone de la spada, sicchè ben può dire colpo raso; cioè cancellato. E quei; cioè spiriti del v cerchio, ch’ann’; cioè li quali ànno, a giustizia il lor disiro; cioè lo loro desiderio che s’adempia la iustizia di Dio, e che finiscano tosto la loro purgazione, Detto n’avean; cioè a noi, Beati; cioè quil salmo che incomincia: Beati quorum remissæ sunt iniquitates, et quorum tecta sunt peccata, lo quale finge che quelli spiriti del quinto girone, dove si purga l’avarizia, cantesseno2 per allegressa quando viddemo3 Dante purgato de l’avarizia montare suso al sesto girone, commendando coloro che sono purgati del4 loro peccato, sicchè montano in cielo, e le sue voci; cioè e le loro voci, cioè de le ditte anime che aveano ditto in boce5 alte: Beati ec. Con sitio, senz’altro, ciò forniro; cioè e non compietteno quello salmo, dicendo all’ultimo: Sitio sensa altra parola; la qual cosa significa che esprimevano lo desiderio che aveano di montare ellino, e però ciascun dicea al fine del salmo: Sitio; cioè io abbo sete e desiderio grande di sallire in vita eterna; e però dice forniro; cioè compietteno, ciò; cioè lo ditto salmo, cioè Beati quorum remissæ ec. con questa parola sitio, senz’altro; cioè adiungendo al salmo sitio; cioè io abbo desiderio de la eterna salute, e non dicendo altra parola. Questa è quella parola che disse Cristo in su la croce; cioè sitio, ne la quale dimostrò lo desiderio ch’elli avea de la salute umana, che significava che avea sete che l’umana specie bevesse quil vino, del quale avea ditto ai suoi discepoli ne la cena: Non bibam amodo de hoc genimine vitis usque in diem illum, cum illud bibam vobiscum novum in regno Patris mei. E però finge lo nostro autore che quelle anime dicesseno sitio, a significare che ogni uno che è in atto di penitenzia àe sete di bere quel vino ch’è in vita eterna; cioè la beatitudine dell’anima6 e la letizia eterna. Et io; cioè Dante, più lieve che per l’altre foci; cioè più leggieri diventato, che per l’altre montate de’gironi: imperò che era purgato del peccato de l’avarizia lo quale li avea dato molto di gravessa, come appare nel primo canto de la prima cantica, quando dice: Et una lupa ec., M’andava; cioè me n’andava su, sì, che senza alcun labore7; cioè sensa fatica, Seguiva in su; cioè montando su, li spiriti veloci; cioè Virgilio e Stazio che montavano agevilmente ch’erano sensa corpo, e Dante col corpo; ben-

  1. C. M. li vii peccati col puntone
  2. C. M. cantasseno
  3. C. M. viddeno
  4. C. M. dei loro peccati: imperocchè
  5. C. M. in voce alta:
  6. C. M. dell’anima e la beatitudine eterna.
  7. Labore o lavore, voce primitiva dall’ablativo latino labore. E.