Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/537

Da Wikisource.
   [v. 25-54] c o m m e n t o 527

scienti providentiæ diversum videtur. Et victricem quidem causam diis; victam vero Catoni placuisse familiaris noster Lucanus admonuit. Ecco che Boezio reduce l’autorità de Lucano a vera sentenzia; cioè che la providenzia di Dio non si può ingannare che non vegga quil ch’è iusto, come s’inganna lo iudicio umano parendoli iusto quil che non è; e di ciò arreca in prova l’autorità di Lucano, ne la quale appare che Catone s’ingannasse nel suo iudicio, iudicando Pompeio avere ragione e seguitando lui; et a Dio parve lo contrario, facendo vincere Cesari, che noll’arebbe fatto se non fusse stato iusto; e così à ora fatto Dante dell’autorità di Virgilio. Voltando sentirei; cioè io Stazio, se non fusse ch’io mi mutai de la mia prodigalità, intesa la tua autorità al modo che ditto è di sopra, le giostre grame; cioè le giostre dolenti che fanno quelli de lo inferno, come appare nel canto vii de la prima cantica, dove finge l’autore che li avari vanno dall’uno lato del cerchio, voltando gravissimi pesi col petto da uno punto ad uno altro, sicchè tengano la metà del cerchio; e dall’altro lato, tenendo l’altra metà, vanno li prodigi voltando similmente e sconstransi co li avari e percuotensi insieme, rimproverando lo prodigo all’avaro: Per che tieni? l’avaro al prodigo: Per che gitti? E così tornano a rieto al punto opposito, e similmente si percuoteno e così fanno dolenti giostre insieme; e però finge l’autore che Stazio dica: Io sarei ne lo inferno punito de la mia prodigalità, s’io non mi fussi corretto per l’autorità tua, com’io mi corressi. Allor m’accorsi; cioè quando considerai lo tuo detto, che troppo aprir l’ali Potean le mani a spender; cioè che le mani poteano troppo aprire le dita a lassare andare via la robba oltra lo debito: l’ali sono le membra de lo uccello, et in esse sono le penne; e però l’ali si pognano alcuna volta per le penne: imperò che1, come l’uccello apre l’ali e stende le penne per farsi bello, e così molti per farsi grandi apreno le dita a spendere più che non si dè. e pente’mi, Così di quel; cioè de la prodigalità, come delli altri mali; cioè delli altri peccati ch’io avea fatto, e però fui salvo. Quanti risurgeran coi crini scemi; questo dice, per affirmare la fizione fatta di sopra ne la prima cantica nel canto vii, dove dice che li prodigi risusciteranno al di’ de l’iudicio coi capelli tondati, e li avari col pugno chiuso; e quive è sposto secondo l’allegoria: chi lo vuole sapere, ritrovilo quive, Per ignoranza; cioè del peccato de la prodigalità, che non crederanno che sia peccato, et ignoransa non2 è sensa peccato, che; cioè la quale ignoranzia, Tollie il penter di questa pecca; cioè di questa colpa che si commette, essendo prodigo, vivendo ne li estremi: tra lo

  1. C. M. come la parte si puone per lo tutto; così lo tutto si puone per la parte. E similitudinariamente parla l’autore che, come
  2. C. M. non scusa peccato,