Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/699

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cioè ben ch’io, più non ti scuopra; cioè per ch’io non dica più de la detta materia, Darotti un corollario: corollario è una conclusione vera che discende da le cose ditte di sopra oltra l’opposito1, e chiamasi corollario, nome diminitivo e dirivato da corona: la corona per premio si dava a coloro che vincevano; e così lo scientifico disputante adiunge di po’ la sua conclusione ch’elli à iunto co le ragioni una verità, che discende da le ragioni dette che è come premio picculino de la sua vittoria, ancor; cioè oltra quello ch’io abbo ditto, per grazia; cioè per compiacerti: imperò che non è di necessità, Nè credo; cioè io Matelda, che mio dir ti sia men caro; cioè a te Dante, Se oltra promission teco si spazia; cioè se io dico più ch’io non ti promisi nel principio del mio parlare, dove io dissi che venni presta ad ogni tua questione tanto che basti, et ora dico più e passo la promessione.

C. XXVIII — v. 138-148. In questi tre ternari et uno versetto lo nostro autore finge come Matelda disse lo corollario che avea promesso di sopra; e come Virgilio e Stazio d’esso si mossono a riso, dicendo così: Quelli; cioè Poeti, ch’anticamente; cioè li quali anticamente, poetaro; cioè usonno l’arte della poesi, e poetando finseno, L’età dell’oro e suo stato felice; siccome Ovidio e li altri autori che di ciò ànno parlato, de la quale età è stato ditto di sopra, Forsi in Parnaso esto loco sognaro; cioè viddeno ne lo studio poetico figurato questo luogo; cioè lo paradiso terresto, come nel sogno si vedeno le cose figurate ne la fantasia. E notantemente dice, sognaro: imperò che era opinione che alquanti diventasseno poeti, s’elli sognassero d’essere in Parnaso, che è monte in Grecia u’ è la fonte de le Muse; o vero che in Parnaso realmente fusseno e quive s’addormentasseno e sognasseno d’esser fatti poeti da le Muse, altramente no: imperò che quive diceano essere mostrate loro nel sogno da le Muse tutte le fantasie e figurazioni che fanno poi li Poeti, sì come dice Persio nel suo principio: Nec fonte labia prolui caballino: Nec in bicipiti somnasse Parnasso Memini ec.; e di quinci credo che l’autore nostro lo tolliesse: imperò che, fingendo l’età dell’oro e lo stato suo felice lo quale aveano veduto ne la fonte de le Muse, figuratamente dormendo; cioè riposandosi in esso col pensieri come si riposa l’omo che dorme nel letto, descrisseno lo paradiso delitiarum: imperò che ciò, che Ovidio, Metamorfosi, dice nel primo de l’età dell’oro, si verifica ne lo stato de la innocenzia, nel quale2 ste Adam et Eva mentre che stetteno nel paradiso terrestro; e però dice: Qui; cioè in questo paradiso, fu innocente l’umana radice; cioè li primi ditti pa-

  1. C. M. lo proposito,
  2. C. M. stette; — e il Codice nostro — ste — , le quali due voci provengono dall’infinito stere . E.