Ma accanto al vero c’era il finto stupido, il Myllós,
il nesci, che fingeva di non vedere e non sentire, e sentiva e vedeva ogni cosa. Perfetto rappresentante del tipo
era quel- personaggio d’ Eupoli che narrava (180):
E molto appresi nelle barbierie,
standomene in disparte a far lo gnorri.
Altre sfumature del furbo erano il Diasyron (beffeggiatore), il Naichiséres, che faceva la gente contenta e canzonata, e VÈiron, infine, il volpone finto e fino. Più
grosso e meno tristo il Kankastés, il beffeggiatore volgare,
il buffone, che era chiamato anche con altri nomi. Un
perfetto Kankastés è il Buffo della farsa d’Oxyrhynchus,
di cui riporto un frammento nel capitolo IV.
Frequentissimo e gratissimo era anche il contadino,
chiamato Makkós nella farsa dorica, e caratterizzato dai
commediografi attici con nomi che sembrano di maschera.
Teofrasto ne ha tracciata una vivacissima pittura (Carattere IV).
Famigerato e ricordatissimo nella tradizione era anche il tipo del mangione. Ercole lo incarnò sovente, e lui
già così descriveva un personaggio del Busiride epicarmeo
(21, Kaibel):
Tu lo vedessi quando mangia! C’è
da scoppiar dalle risa! Il gorgozzule
dentro gli freme, le mascelle suonano,
batte il molare, ed il canino schricchiola,
le nari friggono, e I’orecchie s’agitano!