Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu/369

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258 ARISTOFANE

Pag, 53, v, 8. - Anche nel testo è il cuore che deve mettere la testa sul ceppo. Pag. 54. v.i 7. - «Non mi sappiate male», diceva Telefo nella tragedia euripidea, « o uomini sommi fra gli Elleni, se io, pitocco, ho ardito favellare fra nobili » (Framm. 701). Pag. 5Ì. v. 4. - Vedi la nota a pag. 43 v. 17. Pag. 55, v. 5. - 11 Leneo era un santuario di « Dioniso nelle paludi ». a sud dell’Acropoli. Quivi, nel mese Gamelione (VII dell’anno attico, corrispondente al nostro gennaio), si celebravano delle feste, alle quali, per la rigidità della stagione, non si trovavano presenti, in genere, che i soli Ateniesi. Pag. 55, v. 9. - Dallo scoliaste al verso 953 del Pluto si ricava con certezza quasi assoluta quanto del resto si poteva supporre, che dalle Lenee non erano esclusi i meteci. E vero, dice dunque il poeta, che ci sono anche i meteci; ma questi son come la pula, che necessariamente si trova dove si pesta il grano o l’orzo: non ce ne dobbiamo dar pensiero. Pag. 55, v. II. - Presso il capo Tenaro sorgeva un santuario di Poseidone. Gli spartani commisero sacrilegio strappandone degli iloti che vi si erano rifugiati, e però Poseidone, lo « scuotitor della terra ». avrebbe mandato loro un terremoto. Frequenti scosse avevano poi giusto in quel tempo funestata I’ Eliade (Tucidide. Ili, 87. 89). Pag. 55, v. 27. - II còllabo era un giuoco in cui si doveva lanciar la feccia d’una coppa entro un’altra coppa galleggiante in un vaso più ampio, a fine di sommergerla. Pag. 56, v. 5. - Alcune parole d’uno scolio di Timocreone da Rodi, ricordavano il decreto perideo più o meno fedelmente riportato nei versi di Aristofane: - Deh, se mai, cieco Pluto - né in terra, né sul pelago - t’avessimo veduto!, - ma l’Acheronte e il Tartaro - fossero stati ognora - l’unica tua dimorai - Ché da te tutti i mali - provengono ai mortali. - Il motivo che, secondo Plutarco (‘Pericle, 30), spinse Pericle a bandire contro i Megaresi il decreto, la cui abolizione fu posta poi dagli Spartani come condizione indispensabile della pace (Tucidide, I, 139), sarebbe stato l’uccisione dell’araldo Antemocrito, mandalo dagli Ateniesi a Megara per chiedere ragione della indebita occupazione di un tratto di territorio sacro a Démetra e Persefone, fra Atene e Megara. Ma, secondo