Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu/69

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LXVI PREFAZIONE

vevano, almeno in parte, svolgere il medesimo soggetto. Nel primo (125) campeggia una frittella che all’aurora distilla la rugiada. 11 secondo (121) nella sua brevità ha una grazia indicibile: E presto Giove pioverà zibibbo! E prima d’abbandonare il nostro poeta, diamo ancora un’occhiata alla sua Damigiana, del cui soggetto è possibile una sommaria ricostruzione. Molto noto è l’aneddoto che diede origine a questa specie di apologia drammatica. Cratino era più che ardente cultore di Bacco, e gli altri commediografi lo proverbiavano, asserendo che le sue ultime composizioni non sapevano che di mosto (cfr. specialmente la prima parabasi dei Cavalieri, v. 563 sg.). Punto sul vivo, il canuto artista scrisse la Damigiana, e con essa trionfò nella gara sui suoi competitori, uno dei quali era pure Aristofane. La Commedia, sposa legittima del poeta, sdegnata perché il marito la trascuri per una femminuccia di minor conto, la Damigiana, pensa al divorzio, e si consiglia con amici comuni esponendo le proprie ragioni (182-183): Una volta ero io la moglie sua, or non più: come scorge, ora, un vinetto Mendèo di primo pelo, ei lo pedina, gli fa la corte, e dice: — Oh come brilla! Che candor! Reggerà tre parti d’acqua? — Qualche amico prendeva le difese dell’assente: — Si sa, ci vuole anche per lui un po’ di svago; del resto