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244 | così parlò zarathustra - parte quarta |
2.
— Ma allora Zarathustra non seppe più trattenersi: diè mano al suo bastone e cominciò a menar colpi su colui che si lamentava. « Finiscila!», gli gridò con un iroso sogghigno, «finiscila, commediante! Contraffattore di monete! Mentitore! Io ti riconosco assai bene! Io ti riscalderò le gambe, malvagio negromante: so come si debbono riscaldare i tuoi pari!».
— «Smetti», disse il vecchio balzando in piedi: «non picchiar più, o Zarathustra! Il mio fu uno scherzo! Ciò è parte del mio mestiere; volevo metterti alla prova quando ti offersi questo saggio dell’arte mia! E in verità, tu hai indovinato il mio pensiero!
Ma tu pure m’hai dato di te una prova non vana: tu sei duro, o saggio Zarathustra! Tu picchi sodo con le tue «verità»: il tuo randello mi strappa una simile confessione!».
— «Non adulare», rispose Zarathustra, ancora irato e corrucciato, — «commediante! Sei falso e mi parli di verità?
O tu, pavone tra i pavoni, mare di vanità, quale parte hai rappresentata dinanzi a me? a chi doveva io credere, quando ti lamentavi in tal modo?».
«Il penitente dello spirito — disse il vecchio — ecco quello ch’io rappresentava: tu stesso un giorno hai trovata questa parola.
Ho rappresentato il poeta e il negromante, che finalmente rivolge contro sè stesso il proprio spirito; il tramutato che rabbrividisce per la propria cattiva scienza e coscienza.
E confessa, Zarathustra: assai tempo corse prima che tu giungessi a scoprire la mia arte e la mia menzogna! Tu credevi alla mia angustia quando mi tenevi il capo tra le mani e io t’udii lamentare: L’amammo troppo poco, troppo poco.
E dell’averti ingannato sino a tal segno la mia malignità si rallegrava».
«Può darsi che tu abbia ingannato taluno anche più scaltro di me», disse Zarathustra con voce dura. «Io non mi guardo dagli ingannatori: io devo essere senza prudenza: questo vuole il mio destino.