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308 così parlò zarathustra - parte quarta


Ma ancora al mio desiderio mancano gli uomini».

Così parlò Zarathustra; ma allora avvenne che improvvisamente ei si sentì come circondato dai voli di innumerevoli uccelli — e il romore prodotto dal batter di tante ali e la ressa intorno al suo capo eran così grandi, ch’egli chiuse gli occhi.

E in verità, egli sentì cadere su di sè come un nembo di freccie, lanciate contro un nuovo nemico. Ma non era una nube di guerra; era una nube d’amore, avvolgente un nuovo amico.

«Che mi avviene?», pensò Zarathustra stupito; e si lasciò cader lentamente su un grande sasso posto su la soglia della sua caverna; ma mentre protendeva le mani e le agitava in alto e in basso, per schermirsi e liberarsi dagli uccelli, gli successe cosa anche più strana. Improvvisamente la sua mano s’immerse in una folta e calda massa di capelli, ed egli udì in quel momento un ruggito, — un dolce e lungo ruggito leonino.

«Il segno giunge», disse Zarathustra, e il suo cuore si mutò. Poi che ai suoi piedi posava un gagliardo e fulvo leone. E il leone aveva appoggiata la testa sui ginocchi di lui, e non voleva scostarsi — simile al cane che ha ritrovato il suo antico signore.

E le colombe non mostravano men fervido amore, e ogni volta che una di esse sfiorava nel volo il naso del leone, questo scoteva la testa ridendo.

Ciò vedendo, Zarathustra pronunciò queste sole parole: «I miei figli s’appressano: i miei figli». Poi tacque; ma il suo cuore si sentì liberato; e dai suoi occhi sgorgarono le lagrime, che gli ricaddero su le mani. Ed egli non pose più mente a cosa alcuna; e ristette, seduto, immobile, e senza schermirsi dalle carezze degli animali. E le colombe gli aleggiavano in torno accarezzandogli i bianchi capelli, e non si saziavano di mostrargli il loro affetto e la loro gioja. E il leone leccava le lagrime, che ricadevano sulle mani di Zarathustra: poi timidamente ruggiva.

Tali cose operavano quegli animali.

E questo durò assai tempo, o breve ora, come vi piaccia, poi che, a dir vero, per tali cose il tempo non esiste.

Ora in quel mezzo gli uomini superiori s’eran risvegliati, e ordinatisi in fila movevano incontro a Zarathustra per salu-