Pagina:Cose lauretane.djvu/9

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sima stima. Ma avendo promulgato una verità, che si connette con l’onore del Cristianesimo e della Chiesa, non mi è più permesso di abbandonarla senza difesa. Conciosiachè se l’epoca del 1294, che ho vittoriosamente stritolata e sbandita, tornasse a campeggiare negli scritti degli uomini accreditati e sapienti, il popolo Cristiano non saprebbe ove volgere le sue credenze; la verità del prodigio rimarrebbe annuvolala dalle dubbiezze, e risorgerebbero più orgogliose di prima le contradizioni dei critici, e degli eretici. Dall’altra parte se mi risolverò di aggiungere a quanto ho scritto nelle mie Discussioni, e nella Lettera al Proposto Riccardi, ci vorrà un Libro, in cui si ribattano uno per uno, i paralogismi, le ambagie, e le sofisticherie di quello Scrittore; e alle poche parole lanciate alla sfuggita dal Sig. Cavaliere Ricci, non sarebbe risposta proporzionata un volume.

6. Ho dunque immaginato di analizzare un poco il suo recente opuscolo, facendo risultare qualmente Egli lo scrisse trovandosi sopra pensiero, e proprio in un momento di sonno, ovvero di distrazione. Se riuscirò in questo intento, i leggitori scorgendo con la più chiara evidenza la poca esattezza di quello scritto, non si indurranno facilmente a far conto di quanto dice intorno all’epoca del 1294. Anzi lo stesso illustre Scrittore, considerando le cose con la sua consueta maturità e saviezza, cancellerà quell’opuscolo dal numeroso catalogo delle pregievoli sue produzioni; ed io serbando sempre rispetto e stima per questo degnissimo Cavaliere, avrò fondata lusinga che una verità dimostrata con tanta fermezza di prove, e pubblicata dopo trent’anni di meditazione e di studio, non siasi ottenebrata con due tratti sfuggitivi di penna.