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capitolo ottavo 271

sola, forse, che avrebbe avuto il coraggio di parlar di lui alla moribonda Isabella. Ogni settimana giungevano a Siviglia corrieri della Corte, e le notizie da lor recate straziavano la grande anima dell’Ammiraglio, e secondo la sua propria espressione «gli facevano drizzare sul capo i capelli1.

Ahimè! quando Colombo sbarcava, ogni speranza già si era dileguata.

La Regina si trovava a Medina del Campo, quando sentì i primi assalti della malattia, i cui progressi non si arrestarono più: gli uni l’attribuivano ad una irritazione cagionata dalle fatiche dell’equitazione durante la guerra2; gli altri, alle afflizioni prodotte dalla morte successiva del principe don Giovanni, di sua figlia primogenita, l’infanta Isabella; di don Miguel, e i contrasti interni che rendevano cotanto infelice sua figlia donna Juana, sposatasi coll’arciduca Filippo il Bello. Tutti questi motivi insiem uniti peggiorarono crudelmente il suo stato3. L’energia della sua volontà dovette cedere a poco a poco all’indebolimento delle sue forze fisiche: dovette sospendere una parte delle sue ordinarie fatiche. Tuttavia consacrava ancora ogni giorno alcune ore agli affari del regno. In tale stato ricevette la lettera dell’Ammiraglio, scritta il 7 luglio 1503 dalla Giammaica, portata miracolosamente da Diego Mendez alla Spagnuola, e di là in Castiglia.

  1. “Y las nuevas acá son tantas y tales que se me encrespan los cabellos todos de los diretan revés de lo que mi anima desea.” — Cartas de don Cristobal Colon á su híjo don Diego. — Primero de diciembre de 1508.
  2. “Putridum et verecundum ulcus quod ex assiduis ad granatam equitationibus contraxisse aiunt.” — Alvar Gomez de Castro, De rebus gestis Francisci Ximenii, lib. III, fol. 47.
  3. “Las muertes successivas del principe don Juan, de’su híja la infanta doña Isabel y de su nieto el principe don Miguel, junto con las extravagáncias de la infanta doña Juana y sus disturbidos matrimoniales con el Archiduque don Felipe habian producido en la Reina un estado habitual de tristeza, que hizo mas púigrosa la enfermedad de que adolecio..., etc.” — Lucio Marineo, Las cosas memorables de la España, lib. XXI.