Pagina:Cristoforo Colombo- storia della sua vita e dei suoi viaggi - Volume II (1857).djvu/87

Da Wikisource.

capitolo sesto 67

figli di Colombo, cui l’ufficio di paggi della Regina obbligava a traversare i cortili del palazzo, quest’impudenti infingardi mettevano tali grida che salivano al cielo, e inseguivano i due paggi schiamazzando «ecco i figli dell’Ammiraglio delle mosche, di colui che ha trovato le terre di vanità e di menzogna, per la sciagura e la sepoltura dei gentiluomini di Castiglia!1»

La strana pazienza del Re, a questi richiami insolenti, la libertà lasciata a costoro di starsene nel cortile del palazzo per ispiare l’uscita del Sovrano, e rinnovare quegli insulti, dice abbastanza chiaro che l’astuto Monarca, dissimulato fin ne’ più intimi rapporti della vita, aveva qualche interesse a tollerare tali oltraggi: consentiva che gridassero forte, onde nessuno potesse ignorar la cosa: le loro grida penetrarono sin negli appartamenti della Regina.

Accuse fatte in simil guisa dovevano essere intese: e la Regina voll’essere informata della verità.

Quelle genti si lamentavano della miseria a cui gli aveva ridotti l’Ammiraglio dopo di averli oppressi con fatiche durissime e mali trattamenti: attribuivano a lui così la doro malattia, come la povertà loro: lo accusavano di voler far morire tutti i veri idalghi, affinchè, non avendo più sotto i suoi ordini che gente vile e rozza, gli fosse facile di farla ribellare ai Re, e lui dichiarare sovrano indipendente2; che a tale scopo si er’accordato con certi cacichi: che impediva di lavorare alle miniere per timore che si conoscessero troppo presto le ricchezze che riserbava per sè solo: per questo aveva sulle prime sperato di nascondere ov’erano le perle, e non si era deciso a parlarne se non dopo che la sua scoperta erasi divulgata. La sua avidità, dicevano, era eguagliata solo dalla sua superbia. Egli si faceva

  1. Gridavano fino al cielo, e ci perseguitavano dicendo “ecco i figliacoli dell’Ammiraglio de’ mosciolini, di colui che ha trovate terre di vanità e d‘inganno per sepoltura e miseria de’ gentiluomini castigliani. — Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. lxxxv.
  2. “Comincierono adunque questi nobili á publicare per tutta la corte, come Colombo e suo fratello trovandosi richissimi, si volevano dell’isole impatronire e farsi signori di tutti i paesi ritrovati.” — Girolamo Benzoni, la Historia del Mondo Nuovo, lib. I, p. 23, verso.