Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/134

Da Wikisource.
128 platone in italia


Noi incominciammo la guerra con un delitto; delitto vile, delitto indegno di Roma. Si erano spediti de’ legati all’esercito de’ Galli. Eran giovani della famiglia Fabia, e non indegni de’ loro maggiori. Ma, superbi per la gloria degli avi, amanti della patria e caldi per gioventú, esposero con alterigia le loro dimande e ne ricevettero con intolleranza le risposte. Narrasi che il duce de’ Galli, quando essi apparvero, disse loro: — Noi udiamo ora per la prima volta il nome de’ romani; pure li crediamo uomini forti, tra perché que’ di Chiusi hanno reputato utile implorare il loro aiuto, tra perché essi stessi han voluto, prima di tentar l’armi, difendere i loro amici colle legazioni. Noi, dunque, non ricusiamo e pace ed amicizia coi romani e coi chiusini, purché questi ci cedano parte di quel territorio del quale essi abbondano e noi scarseggiamo. Se i chiusini ricusano tale condizione, noi siam pronti a batterci coi medesimi in giusta guerra; ed i romani saranno testimoni della giustizia della nostra causa e del nostro valore. — Ma qual diritto hanno mai i Galli nell’Etruria? — domandarono i nostri. — Il diritto degli uomini forti, quello delle armi. — Tale risposta era per certo altiera. Ma erano spediti forse i nostri legati dal senato e rivestiti del santo carattere feciale per contendere coi Galli di orgoglio? Pure essi, senza consultare il senato, senza dichiarar la guerra, ritornano in Chiusi, si mettono alla testa de’ chiusini, e da ambasciatori diventan nemici. I chiusini sono disfatti, i legati fuggono in Roma. Ecco i legati de’ Galli che vengono a chieder soddisfazione pel diritto delle genti violato. Ma il partito de’ giovani prevalse, perché prevaleva allora il partito della plebe, presso la quale l’audacia tien sempre luogo di coraggio e la prudenza spesso si confonde colla viltá. Può ben la plebe aver talora alcune virtú, ma non ha mai quello ch’è piú necessario: il modo nelle virtú. Invece di render giustizia ai Galli, si decretò la guerra, e fu preparata con una precipitazione eguale a quella colla quale erasi risoluta.

Non ti dirò qual fu l’esito di quella guerra, perché l’animo mio inorridisce ancora alla memoria del lutto, della desolazione, della miseria a cui fu allora la mia patria ridotta. Io era ancor gio-