Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari – Periodo milanese, 1924 – BEIC 1795489.djvu/252

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lontani dall’ignoranza e dalla pedanteria; metterli in tutt’i punti dello Stato, onde sieno in contatto col popolo, né il popolo abbia bisogno di cercarli; rivestirli di un carattere che pel popolo è il piú sacro, cioè del carattere religioso. Ma qual è la piú grande difficoltá che si opponga alla imitazione di questa istituzione? Essa non è nel popolo, ma in coloro che dovrebbero istruirlo».

LXXV. — Biblioteca di campagna, o sia raccolta di tnetnorie, osservazioni ed esperienze agrarie, diretta da G. B. Gagliardi, tomo 1 , Milano, Silvestri, 1804 (n. 139, 19 novembre).

«A perfezionar l’agricoltura è necessario che se ne occupino ed i sapienti e gli agricoltori. Ma perché se ne occupino questi secondi, è necessitá che comprendano una volta potersi far meglio di quello che attualmente si fa. L’uomo, che crede di saper tutto, non si occupa piú di nulla. Aristotele dice che un uomo tale deve esser o un dio o una bestia: il fatto dimostra che per l’ordinario appartiene alla seconda classe. I paesi meno colti dell’ Europa sono appunto quelli dove si rigetta con piú fastoso sopracciglio anche il dubbio di potersi far meglio di quello che facevano i padri nostri. Perchè poi sien utili le ricerche de’ sapienti, è necessario che esse si rendano quanto piú si possano comuni. La piú estesa, la piú rapida comunicazione delle idee è il piú gran mezzo per ottener la perfezione di una scienza... Ma in Italia questa comunicazione è lenta e quasi interrotta. L’abitante di un angolo ignota per lo piú ciò che si fa o che si pensa nell’angolo vicino. Dotati gl’italiani dalla natura di grandissimo ed acutissimo ingegno, non mancano di cognizioni e di osservazioni, e nell’angolo piú incolto si ritrova talora un uomo il quale vale per dieci accademici. Che prò? Le sue osservazioni, le cognizioni sue vivono una brevissima vita, ristretta tra i confini di una picciola terra e muoiono con lui. Gli italiani sono grandi, ma l’Italia rimane picciola». Al contrario, c un francese da Marsiglia o da Bordeaux, se mai avvien che faccia o creda di aver fatta un’utile osservazione, procura farla conoscere nello stesso giorno a Parigi, alla Francia, all’Europa intera, e trova mille che la ripetono, l’ammirano, la confutano, la commentano. Nasce da tutto questo un verbiage, in cui vi è, senza dubbio, molto d’inutile. Ma che importa? L’inutile va a fondo; ma dalla discussione di tante cose inutili nasce qualche cosa utilissima, la quale compensa largamente tutto il tempo e la fatica perduta. Perché mai un italiano non vive che a se stesso? Egli cura pochissimo di esser conosciuto e lodato; gli altri curan poco lodarlo e conoscerlo. Pochissima comunicazione d’idee, e questa istessa tra pochi sapienti, che si occupan di cose. Il maggior numero che fa? Una parte si occupa di parole; un’altra di cose che vaglion meno delle parole; un’altra né di cose né di parole; tutti non hanno altro di comune che ignorarsi a vicenda l’un l’altro».