Pagina:Cuore (1889).djvu/16

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4 ottobre

di bollicine, smise di dettare, gli prese il viso fra le mani e lo guardò; poi gli domandò che cos’aveva e gli posò una mano sulla fronte per sentir s’era calda. In quel mentre, un ragazzo dietro di lui si rizzò sul banco e si mise a fare la marionetta. Egli si voltò tutt’a un tratto; il ragazzo risedette d’un colpo, e restò lì, col capo basso, ad aspettare il castigo. Il maestro gli pose una mano sul capo e gli disse: — Non lo far più. Nient’altro. Tornò al tavolino e finì di dettare. Finito di dettare, ci guardò un momento in silenzio; poi disse adagio adagio, con la sua voce grossa, ma buona: — Sentite. Abbiamo un anno da passare insieme. Vediamo di passarlo bene. Studiate e siate buoni. Io non ho famiglia. La mia famiglia siete voi. Avevo ancora mia madre l’anno scorso: mi è morta. Son rimasto solo. Non ho più che voi al mondo, non ho più altro affetto, altro pensiero che voi. Voi dovete essere i miei figliuoli. Io vi voglio bene, bisogna che vogliate bene a me. Non voglio aver da punire nessuno. Mostratemi che siete ragazzi di cuore; la nostra scuola sarà una famiglia e voi sarete la mia consolazione e la mia alterezza. Non vi domando una promessa a parole; son certo che, nel vostro cuore, m’avete già detto di sì. E vi ringrazio. — In quel punto entrò il bidello a dare il finis. Uscimmo tutti dai banchi zitti zitti. Il ragazzo che s’era rizzato sul banco s’accostò al maestro, e gli disse con voce tremante: — Signor maestro, mi perdoni. — Il maestro lo baciò in fronte e gli disse: — Va, figliuol mio.