Pagina:Cuore infermo.djvu/325

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Parte sesta 325

invincibile della gioventù che non si rassegna al male, che si ribella al dolore, che si dibatte contro la morte, scoppiava in lei potentissimo.

— Come è possibile, Dio mio, come è possibile!? — sclamava ella, alzando le braccia al cielo, per una richiesta disperata.

E si affidava sempre ad una provvidenza, ad un caso, all’ignoto indomani, ad una guarigione problematica, a quella speranza così facile a nascere, così dura a scacciare. Come il sole sorgeva, in quel risveglio della giornata, ella dimenticava le paure e le angosce della notte. Si addormentava per poco, calmata dalla bellezza della natura, quasi che un balsamo fosse piovuto sulla sua ferita. Quando si risvegliava, nel pieno mattino primaverile, in tanto lusso di vita, si sentiva sempre meglio, quasi di buonumore, quasi rinnovata. Erano le migliori ore della giornata, quelle in cui Marcello la credeva ristabilita; ma la speranza decadeva lentamente con la giornata. Come s’appressava la sera, Beatrice s’accasciava, quasi che le cadesse sull’anima tutta la tristezza della luce che muore.

Venne un giorno in cui le parve scorgere una lieve migliorìa nel proprio stato. Respirava con una certa facilità, il moto del cuore si faceva quasi regolare. Cercava sempre di rimaner sola, per contare, nel silenzio, le pulsazioni di quel grande ammalato. Le paragonava col polso, contando, ricontando, tentando la pruova più volte, in tutti i modi. Infine il miglioramento vi era. Non osava ancora credere che potesse durare, ma già nel suo pensiero s’ingrandiva e batteva le ali la speranza. Esitava, dubitava, ma il suo dubbio diventava dolce di fronte alla cupa certezza della morte. Poi vi era qualche altro segno: le ombre brune che ingrandivano ed incavavano gli occhi, si rischiaravano un poco; il colorito