Pagina:Cuore infermo.djvu/55

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Parte prima 55

gas ti avranno data la malinconia. Oppure avrai ricevuta qualche brutta lettera da Napoli? Queste stupide lettere che giungono tanto male a proposito! Vuoi tu che andiamo a Nizza, a Monaco, dove è sempre gaia la primavera? Dimmi, cara, dimmelo quello che vuoi, ma non essere triste.

E la pregava a voce sommessa, stringendole le mani, con tutta la ricca effusione di un cuore amante.

— Ma no; io non sono triste. Tu sogni, Marcello. So che oggi hai dovuto uscire e trattenerti a lungo fuori per affari. Il clima non m’incresce affatto: è l’opposto di Napoli, è vero; pure Parigi mi piace quanto Napoli. Se ti ricordi, mio padre mi ha scritto ieri l’altro, ti ho letta la sua lettera: sta bene, mi narra molte storielle delle nostre amiche e dei nostri amici. È inutile, credo, andar via di qui prima del tempo stabilito. Attendiamo anche Fanny Aldemoresco col marito; han promesso di venire. Qui si sta benino. Se avessi un desiderio, te lo direi subito; ma non ne ho.

— Dovresti dirmelo, cara — rispose Marcello, dopo un momento, cercando distrarsi dalla dura impressione di quel discorsetto pacato e misurato — non mi fare il torto di celarmi alcuna cosa. È male quando un segreto, foss’anche piccolissimo, divide due persone che s’amano; ha infinite dolcezze la mutua confidenza. Cerca conoscerle, Beatrice, e le apprezzerai.

— Io lo spero.

Parlavano a voce bassa, Marcello col volto sollevato verso di lei, molto ravvicinati; ella si teneva immobile senza parer di sentire la mano del marito che ora strisciava sulla spalla, ora scherzava con la trina del colletto, ora le carezzava i capelli.

— Andiamo questa sera al ballo dell’ambasciata italiana? — domandò Marcello a un tratto.