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notturno 115

mato. La stanza è fra quattro pareti come la cassa è fra quattro tavole.

La magnanimità ha un premio non più largo d’una moneta. Presso il capezzale, fra le ampolle dei farmachi, riluce la medaglia nuova battuta in un conio senza bellezza.

La mano dell’eroe è debole come quella d’un fanciullo. La tengo stretta nella mia, come per partecipare della sua gloria, con quella divina angoscia che è l’aspirazione al sacrificio eroico: in me ammenda d’ogni miseria e d’ogni fallo.

Prima ch’egli parli, dentro mi rode l’ingiuria della sorte. Il posto a prua m’era destinato, nella rappresaglia di Lubiana: il posto di combattimento e di condotta, presso l’arma nerazzurra.

«Ti abbiamo atteso fino a mezzanotte» dice l’asceta d’avorio.

Imagino l’aspettazione vana in quella bottega da caffè mal rischiarata, su la piazza deserta. Un così gran