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dalla terra alla luna 157

ardite imprese, e lo seguiva con inquieto sguardo. Sapevasi ch’era audace ed imprudente: Quando qualche amico voleva arrestarlo, predicendogli una disgrazia prossima: - «La foresta non arde che per colpa de’ suoi stessi alberi,» - ei rispondeva con amabile sorriso, e senza sospettare che citava il più bello di tutti i proverbi arabi.

Tal era il personaggio dell’Atlanta, sempre agitato, sempre bollente sotto l’azione di un fuoco interno, sempre commosso, non per ciò ch’egli veniva a fare in America, - non ci pensava neppure, - ma per effetto del suo carattere febbrile. Se mai furonvi due uomini che offrissero un contrasto sorprendente, erano certo il francese Michele Ardan e lo Yankee Barbicane, ambi però intraprendenti, arditi, audaci a modo loro.

La contemplazione alla quale abbandonavasi il presidente del Gun-Club al cospetto di questo rivale, che veniva a porlo in seconda linea, fu tosto interrotta dagli evviva della folla. Le grida diventarono sì frenetiche, e l’entusiasmo assunse forme così colossali, che Michele Ardan, dopo di avere stretto un migliaio di mani, nelle quali poco mancò non lasciasse le dita, dovette rifugiarsi nella sua cabina.

Barbicane lo seguì senza aver pronunciata una parola.

«Siete voi Barbicane?» gli domandò Michele Ardan, non appena furono soli, e coll’accento col quale avrebbe parlato ad un amico di vent’anni.

- Sì, rispose il presidente del Gun-Club.

- Buongiorno, Barbicane. Come state? Benissimo? benone? benonone?