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ella aveva accusato un ufficiale di artiglieria morto da pochi giorni. Il P... le faceva intendere che si credeva ben poco all’ufficiale d’artiglieria, e che questo sospetto le nuoceva nell’animo del marito.

Mentre Cortis stava leggendo, gemiti e singhiozzi scoppiarono sopra la sua testa, nel silenzio della casa. Egli afferrò il lume per accorrere, per vederla; udì un passo, una voce tranquilla; tutto ritornò muto. Allora depose il lume, compiè la lettura, agitatissimo.

Aperse poi un piccolo medaglione d’oro e vi trovò i ritratti dei suoi nonni materni, Carlo e Maddalena Zarutti di Cividale. Da bambino aveva passato due autunni presso di loro a Cividale. Era il nonno, il buon vecchio nonno che veniva a prenderlo ad Alessandria in settembre e ve lo riconduceva alla fine di ottobre. Eccolo lì, tutto sorridente. E anche la nonna, povera vecchietta, come aveva l’aria felice! Erano morti tutti e due in un anno, di crepacuore, e ora parevano dire: «Caro, siamo noi, i nonni!» Cortis non guardò altro, uscì precipitosamente in cerca della signora. Chiamò, aperse a caso degli usci, entrò in uno studio di pittore, zeppo di cavalletti e di sedie, appestato di vernice e di tabacco. Non v’era che una copia di Nanà fra una bottiglia e dei sigari. Un momento dopo sopraggiunse la cameriera tutta affannata.

«Cosa vuole?» diss’ella stizzosamente. «Cosa cerca?

«Questa signora Fiamma?» rispose Cortis. «Andate a dirle che scenda.

L’accento e il volto suo quando disse «Questa signora Fiamma» esprimevano piuttosto fastidio che benevolenza.

La cameriera se n’avvide e si affrettò di chiuder l’uscio dello studio.