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la signora fiamma 97


Cortis l’afferrò alle braccia, la spinse in camera e chiuse l’uscio dietro a sè. Ella smaniava, lottava per porsi in ginocchio, appuntava le braccia alle spalle di suo figlio, rovesciando all’indietro e agitando il capo. Cadde spossata sulla poltrona dove Cortis la spingeva.

«Ho mentito» diss’ella ansando affannosamente, «ti ho ingannato... non avevo il coraggio... di dirti subito... volevo vederti... udirti... almeno un’ora... in pace!

Cortis, curvo sopra di lei, la interruppe alle prime parole, le cacciò le mani sugli occhi, la baciò, con impeto disperato e si strappò subito dalle braccia che gli si erano chiuse intorno al collo. Colei restò con le braccia in aria, spaventata nella sua gioia.

«Daniele!» diss’ella.

Non lo vide più davanti a lei, ne udì la voce dietro la poltrona: la maschia voce armoniosa piena di dolore.

«Scusate; ho baciato mia madre e non volevo che voi mi vedeste.

La signora Fiamma tacque un momento, poi disse sottovoce piangendo:

«Non so che cosa tu voglia dire.

Cortis sospirò e non rispose. Passarono alcuni momenti.

«Qui c’è il vostro portafogli» diss’egli freddo.

«Oh Daniele, Daniele!» gemè la signora a mani giunte. «Non parlarmi così!

E scoppiò in singhiozzi.

«Non ti ho ingannato che a metà» diss’ella. «Soffro tanto! Ho ancor poco a vivere, sai, Daniele! Se non fosse così non avrei mai osato scriverti. Dio è pietoso. Mi ha purificata con un cumulo di dolori, di sventure da non potersi descrivere! Adesso non ne posso più, non ne posso più. Mi hai