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tra cefalù e roma 189


Lei sa che il 31 marzo scade l’ultimo pagamento che deve fare mio marito, secondo la convenzione con l’avvocato Boglietti, sotto pena del procedimento penale. Ora credo che ci troviamo in pessime acque e che mio marito non potrà assolutamente pagare. Le dirò tutto: non mi costa affatto il parlarne. Una piccola malattia da cui esco mi ha affatto spostata la sensibilità. Certe inezie mi fanno piangere, certe rovine mi lasciano indifferente.

Quando dunque mio marito andò a Roma nel novembre dell’anno scorso, credo che del soffio di fortuna toccatogli, com’ella sa, in estate, non rimanesse quasi più traccia. Il pagamento di settembre, e, probabilmente, altri debiti urgenti avevano consumato quasi tutto. È anche per questo che io restai a Cefalù, desiderando evitare ogni spesa superflua. Mio marito mi lasciò, partendo, pochissimo danaro. Appena partito lui, scopersi una quantità di debitucci anche qui, con operai, con piccoli commercianti, da arrossirne! Io avevo da parte la somma speditami a Roma da mio zio lo scorso luglio e che lei ritirò per me dalla Banca Nazionale. Mio marito non ne sapeva niente, e poichè, allora per allora, dopo la sua vincita al giuoco non gli occorreva più, io la serbavo per l’ultimo pagamento, certa com’ero che ci si sarebbe trovati alle strette da capo. Della povera gente veniva da me tutti i momenti per avere il suo. Scrissi a mio marito. Mi rispose che persuadessi costoro ad aver pazienza, che per ora non poteva assolutamente soddisfarli. Cosa dovevo fare? Pagai con questi danari che avevo in disparte.

Mio marito fece una corsa qua dieci giorni sono. Seppi dopo la sua partenza che ha cercato invano