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mante; credette ad un accesso di febbre, voleva far venire il medico. Ma Cortis glielo proibì con ira; ordinò che si facesse avvertire, invece del medico, la signora baronessa; e poi, quando l’infermiere stava per uscire, lo richiamò in fretta, gli levò l’ordine.

Più tardi, nella serata, venne il dottore, venne il senatore Clenezzi e finalmente anche il conte Lao. Cortis si commosse moltissimo di veder quest’ultimo. Gli chiese poi subito d’Elena e seppe da lui ch’era andata in traccia di suo marito e che per quella sera, probabilmente, non l’avrebbe veduta. Si chiuse allora in un silenzio cupo. Intanto il dottore si lagnava con Lao della poca quiete che si lasciava all’ammalato; poichè conveniva ancora chiamarlo così quantunque l’attacco, non grave, di congestione fosse stato vinto rapidamente. Il turbamento nervoso era ancora molto sensibile. Quei nervi lì volevano una tranquillità materiale e morale impossibile a ottenere in Roma, nelle condizioni di Cortis, che soffriva così di veder gente come di non vederne. Ci voleva riposo, aria dei campi subito, subito; era opportuno di affrontare, per tale beneficio, anche il disagio di un viaggio lungo. Poichè il signor deputato possedeva questa bella villeggiatura di cui il dottore aveva udito parlare, poichè i suoi signori parenti gli erano anche vicini di campagna e avevano la buona disposizione di tenergli compagnia, niente di meglio che partire il più presto possibile.

«Anche domani?» disse il conte Lao guardando Cortis.

«Perchè no?» rispose il dottore. «Anche domani.