Pagina:Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu/385

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come gli astri e le palme 375


«Se, dico! Se ha l’aria!

Elena lo guardò ancora. Cosa potè vedere in quel caro viso serio, serio, mortificato? L’espressione del suo venne rapidamente mutando.

«Oh zio, zio!» diss’ella, e gli si slanciò nelle braccia. «Tienmi qui con te, sempre con te! Non ho niente, sai, da rimproverarmi, neppur un pensiero!

Lo stringeva, lo stringeva, parlava con voce rotta da singulti.

«Per amore del Cielo!» esclamò il povero Lao, commosso, spaventato. «Cosa ti pensi? Che ti voglia mandar via? Cosa ti pensi? Matta che sei!

Si mise a ridere forte nervosamente.

«Matta che sei! Non sai che non ci ho che te, al mondo? Cosa ti pensi? Ma no, cara, ma quietati. Cosa vuoi? Mi faceva una gran pena che tu ti trovassi in una condizione da soffrire; sai, cara? Lo so bene che non hai niente a rimproverarti. Non avevi bisogno di dirmelo. Ma quietati, via, quietati.

Se la serrava al petto, le accarezzava i capelli con tenerezza materna.

«Adesso va» disse. «Va a far le mie scuse col senatore. Digli che non scendo perchè non sto bene; che vado a letto presto. Guarda se volesse far due passi con te e con Daniele. Potreste andar giù al ponte di Rovese che lui non v’è ancora stato.

Adesso, solo adesso, al suono della voce mite, cadevano le lagrime ad Elena.

«Va, va» insisteva Lao, dolcemente. Ella non si moveva, pareva che non udisse. Suo zio intese che non volesse uscire così turbata, che aspettasse di ricomporsi.