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CAPITOLO VI.


La signora Fiamma


Cortis arrivò a Lugano a sera inoltrata e scese alla modesta Pension du Panorama, una delle casine che biancheggiano col nome di Paradiso sull’orlo del lago, in quel curvo seno lontano dalla città, onde ascendono le subite pendici del San Salvatore. Uscì tosto dall’albergo e prese la stradicciuola che sale queste pendici sino alla terra di Pazzallo. L’amica di sua madre, la signora Leonora Fiamma, gli aveva scritto che abitavano un villino tra il Paradiso e Pazzallo, a sinistra della strada, poco più su di un’osteria appiattata fra le ombre dense d’un vallone boscoso. Bisognava suonare al cancello rosso fra due gelsi.

Cortis trovò il cancello e suonò. S’era fatto precedere da un telegramma; sapeva quindi di essere atteso.

Una cameriera venne ad aprire.

«La signora Fiamma?» diss’egli.

«Sì, signore.

«Come sta l’altra signora?

La cameriera esitò un poco.

«Lei» rispose «è ben quel signore che ha mandato un telegramma?

«Sì.

«Bene, la signora sta lo stesso.