Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/168

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160 una marcia notturna.

stende un braccio, più in là si dondola una testa, più in qua si torce una vita, come segue in un gruppo di biscie che si svolgano lentamente al tepore del sole. — Ci alziamo adunque, sì o no? — ripete più irosamente la voce di prima. Uno dei dormenti s’alza a sedere, un altro si frega gli occhi col rovescio della mano, un altro tasta intorno in cerca del cheppì, un quarto è già in piedi, e un quinto e un sesto... Tutti ritti: oh finalmente! Ma che pena, Dio mio, che tormento esser destati così bruscamente e doversi levar su proprio nel punto che si cominciava a gustare il sonno! — Dov’è il mio cheppì? — E il mio fucile? — Dammi il mio cheppì, di’. — Questo è il mio. — Ma no; il tuo è quest’altro. — Di chi è questo fucile? — A me, dammelo. — Va a trovar la nappina, adesso! — E lì cerca, e raspa, e fruga di qua di là, fra le pietre della via, giù nel fosso, fra l’erbe, nei cespugli, ansando, sbuffando, bestemmiando... Squilla un’altra volta la tromba e il reggimento si rimette in cammino.

E sempre buio, e sempre la stessa brezzolina fredda, che agghiaccia il muso e increspa la pelle. Dio, che freddo a star fermi! si trema. Le lanterne son tutte spente: oscurità completa. Chi sa in che confusione camminan questi bricconi! Fortuna per loro che non ci si vede.

Dopo una mezz’ora di cammino silenzioso, qualcuno comincia a scorgere, lontano lontano, un lumicino tremolante, che a volta a volta si eclissa e riappare come una lucciola. — Che sarà? — Andiamo innanzi; — ancora; — ancora un po’; — un altro pochino. Il lumicino non si eclissa più; appare più grande e splende più vivo. — Lo vedi? — È la lanterna alla testa del reggimento. — No no, è un paese. — Ma che paese! — Andiamo innanzi — innanzi, — innanzi... Eh?... — Hai