Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/186

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178 carmela.

pelli con tutt’e due le mani e mandando fuori un lamento sordo e monotono come fanno i bambini quando fingono di piangere. E la gente intorno rideva. L’ufficiale guardò la gente, poi la fanciulla, poi di nuovo la gente, e poi riprese l’andare. Attraversò liberamente quasi tutta la piazza; ma giunto all’imboccatura della strada che mena al porto, si senti alle spalle un passo rapido e leggero, come di chi corra in punta di piedi, e mentre stava per volgersi indietro, una voce sommessa gli mormorò con uno strano accento nell’orecchio: — Mio tesoro! —

Egli si sentì correre un brivido dalla testa alle piante; non si volse; tirò innanzi a passo spedito. E un’altra volta quella voce: — Mio tesoro! —

— Oh! insomma, — gridò allora indispettito volgendosi in tronco verso la ragazza, che si ritrasse timidamente indietro, — lasciatemi in pace. Andate pei fatti vostri. Avete capito? —

La fanciulla fece un viso tutto compunto, poi sorrise, mosse un passo innanzi, e allungando la mano come per fare una carezza all’ufficiale, che si scansò prontamente, mormorò: — Non t’arrabbiare, tenentino. —

— Va’ via, ti dico.

— .... Tu sei il mio tesoro.

— Va via, o chiamo i soldati e ti faccio mettere in prigione. — E indicò alcuni soldati ch’erano fermi sulla cantonata. Allora la ragazza si allontanò a lenti passi, di sbieco, sempre cogli occhi rivolti all’ufficiale, di tratto in tratto sporgendo il mento e ripetendo a fior di labbra: — Mio tesoro! —

— Peccato! — diceva tra sè il tenente infilando la via del porto; — è tanto carina. —

Era bella davvero. Era uno stupendo modello di quella fiera e ardita beltà delle donne siciliane, da