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il più bel giorno della vita. |
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in campagna o a bere un bicchiere in compagnia. Uscendo
di quartiere, portavo ogni giorno, per abitudine, una
grossa fetta di pane in tasca, e la davo a uno dei poveri
che stavano davanti alla porta del quartiere, il più delle
volte a un ragazzino che poi le dirò chi fosse. Me la
passavo bene, via, e non avevo da lamentarmi di niente
e di nessuno. Oh.... senta adesso, signor colonnello.
Una bella sera.... veda come tante volte dalle piccole
cose.... a pensarci mi pare ancora impossibile.... basta;
una sera esco solo di caserma, e mi avvio per la solita
passeggiata. Potevano essere le cinque. Dovevo passare
per una strada tutta disselciata e ingombra di mucchi di
terra, di ciottoli, e di operai che lavoravano. Arrivato
al punto dove incominciavano gl’ingombri, vedo un
povero tutto lacero, vecchio, cieco, che stentava a
reggersi in piedi e voleva andar oltre e si peritava
e tastava qua e là col bastone senza saper da che
parte voltarsi. La gente guardava e non si moveva. — Accompagnalo
tu — disse una donna da una finestra,
rivolgendosi a un ragazzo; il ragazzo fece una spallata. — Ma
che non ci sia proprio nessuno che abbia un
po’ di carità per quel povero disgraziato? la donna domandò. — Ci
son io, — risposi; e senza dir altro presi il
vecchio a braccetto, e adagio adagio, facendogli scansare
i sassi, insegnandogli dove doveva mettere i piedi, un
passo dopo l’altro, con santa pazienza, lo condussi fuor
di pericolo, dove ricominciava la strada piana. Allora il
vecchio mi ringraziò, mi toccò per sapere chi fossi, e sentito
il pennacchio e la daga, disse tutto contento: — Ah!
è un bersagliere.... Bravo bersagliere! — E andò via. In
quel punto alzo gli occhi e vedo a una finestra una ragazza
che mi guarda. Appena mi vide, scomparve; ma l’avevo
sorpresa che mi guardava con un’aria tanto buona, così
colla testa un po’ chinata da una parte, come se dicesse: —