Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/467

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il più bel giorno della vita. 459

che razza di gente doveva pigliare le sue difese, io credo che non sarebbe nemmeno venuto. Ma poi che si trovava nell’impiccio, e il dispetto e la rabbia lo rodevano, cercò d’uscirne a tutti i patti; è naturale.

— Ma chi era questo signore? — interruppe il colonnello.

— Chi lo sa?... Quel che è certo è che in città, come mi fu detto in seguito, era pochissimo stimato, e si diceva che fosse solito a tentare di quelle imprese, e che usava sempre con gente di mal affare.... Quella sera tornai in quartiere che proprio, creda, non potevo più reggere; tra per la contentezza d’aver mandato a monte quel tentativo, tra per la commozione d’essere scampato a quel pericolo, ed anche per l’ansietà di quel che poteva accadere dopo, io ero in uno stato che se non mi venne addosso una febbraccia da tenermi a letto sei mesi, posso ringraziarne la mia buona fortuna. Ero però più che mai risoluto a resistere fino alla fine. Ma come, io domandavo discorrendo fra me e me, perchè io sono un povero giovane, perchè sono un soldato, perchè non ho altro che il mio cuore e il mio onore, se si dà il caso che io pigli passione per una ragazza povera come me, che mi piace, e anch’essa mi vuol bene, tutti hanno da perseguitarmi e da darmi addosso come se fossi un galeotto o un bandito, e la mia affezione disonorasse una donna? Chi è che ha il diritto di disprezzare le mie affezioni? Cosa credono costoro, che noi non ci si abbia niente qui, sotto le medaglie, perchè siamo soldati? E perchè non abbiamo la famiglia con noi, perchè siamo lontani da casa, perchè non facciamo un mestiere, perchè mangiamo nel gamellino e ci danno due soldi al giorno, dunque, per tutto questo, noi non abbiamo diritto a nessuna consolazione, e dobbiamo vivere come cani, ed