Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/70

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Potenza misteriosa e tremenda: mi dibatto nella stretta della tua mano invisibile; il sentimento di Te mi opprime, non ho forza di contenerlo, il mio cuore si sgomenta, la mia ragione si perde, il mio involucro di creta si spezza! — E continuavano a passare, fitti, pallidi, scapigliati, mettendo voci supplichevoli, in cui pareva che esalassero la vita. Un vecchio cadente, un’immagine di re Lear forsennato, si staccò dalla schiera e s’avventò come per spaccarsi il cranio nel muro: i compagni lo trattennero. Un giovane cadde di picchio in terra, fuori dei sensi. Un altro, coi capelli sciolti giù per le spalle, la faccia nascosta nelle mani, passò a lunghissimi passi, curvato fino a terra, come un maledetto da Dio. Passarono beduini, mori, berberi, neri, colossi, mummie, satiri, faccie di cannibali, di santi, d’uccelli di rapina, di sfingi, d’idoli indiani, di furie, di fauni, di diavoli. Potevano essere un tre o quattrocento. In meno di mezz’ora sfilarono tutti. Le ultime erano due donne (perchè anche le donne possono appartenere all’ordine), due figure di sepolte vive, riuscite a spezzare la bara, due scheletri animati, vestite di bianco, coi capelli rovesciati sul viso, gli occhi sbarrati, la bocca bianca di schiuma, sfinite di forze, ma ancora animate da un movimento di cui non parevano aver più coscienza, che si scontorcevano, urla-