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completamente riguardo ai denti e agli occhi dei soldati che avevo visti alla Casba. Non era bello; ma il suo volto esprimeva un’indole mite e un’intelligenza sveglia. Doveva saper leggere, scrivere e far di conto, essere insomma uno dei più colti generali dell’esercito, se il ministero della guerra gli aveva affidata quella delicata missione. In sua presenza si fece la distribuzione delle tende. Una fu assegnata alla pittura; della più grande, dopo quella dell’ambasciatore, pigliammo possesso il comandante di fregata, il capitano di stato maggiore, il viceconsole ed io, e fin d’allora si previde che sarebbe stata la tenda più chiassosa del campo. Un’altra, grandissima, fu scelta per sala da pranzo. Poi si fissarono quelle del medico, degli interpreti, dei cuochi, dei servi, dei soldati della Legazione. Il Comandante della scorta e i suoi soldati avevano le loro tende a parte. Altre tende si sarebbero aggiunte il giorno della partenza. In somma, c’era da prevedere che sarebbe riuscito un accampamento bellissimo, e io mi sentivo dentro degli accessi precoci di furore descrittivo.


Il giorno dopo l’Incaricato d’affari andò col comandante di fregata e col capitano a far visita al Rappresentante del governo imperiale, Sidi-Bargas, che esercita in un certo senso l’uf-