pieni di poesia, di marine melanconiche, di teste adorabili di fanciulli, di scherzi arguti, di fantasie gentili, che sollevano la mente ed allargano il cuore. Poi il Portogallo e la Grecia; grandi nomi, piccole cose. Eppure ci son dei quadretti trascurati e spregiati, che lasciano un’impressione indelebile, come la madre megarese del Rallis, quella povera moglie di pescatore seduta nella sua povera stanza, che tien le mani incrocicchiate e gli occhi fissi sopra una culla vuota, fatta di quattro tavole rozze, in atto di dire: — Non c’è più! — mentre i pannilini ancora freschi fanno comprendere che l’han portato via poco prima, e su quella desolazione scende per la finestra aperta il raggio allegro dell’alba che lo svegliava ogni giorno: espressione manchevole forse, ma d’un sentimento sublime, che mette nel petto il tremito d’un singhiozzo. Dopo la Grecia vien la pittura facile e fresca della Svizzera, svariata di cento stili; immagine vera d’un paese di cento pezzi e d’una famiglia d’artisti vaganti alla ri-