Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/129

Da Wikisource.

madrid. 123


in aria di curiosità, quasi dicendo fra sè: — Oh vediamo un po’ com’è fatto un uomo che non ha mai visto Madrid! — Poi prese a enumerarmi le grandi cose che avrei veduto: che passeggi! che caffè! che teatri! che donne! Per chi abbia un trecento mila lire da spendere, non c’è di meglio di Madrid: è un gran mostro che vive di patrimonii; se fossi in lei vorrei prendermi il gusto di cacciargli in gola anche il mio. — Io premetti colla mano il mio floscio portamonete, e mormorai: — Povero mostro! — “Ci siamo!” gridò lo spagnuolo “guardi fuori!” Misi la testa fuor del finestrino. “Quello là è il palazzo reale!” Vidi sopra un’altura una mole immensa; ma chiusi gli occhi subito, perchè mi batteva il sole sul viso. Tutti s’alzarono, e cominciò quel solito tramenío

«Di pastrani, di scialli e d’altri cenci,»


che impedisce quasi sempre la prima vista delle città. Il treno si ferma; scendo, e mi trovo in una piazza piena di carrozze, in mezzo a una folla rumorosa; cento mani si stendono sulla mia valigia, cento bocche mi urlan nell’orecchio; è un casa del diavolo di facchini, di carrozzai, di ciceroni, di fattorini di casas de huespedes, di guardie, di ragazzi. M’apro il passo a colpi di gomito, mi caccio in un omnibus pieno di gente, e via. Si va su per uno stradone, si attraversa una gran piazza, si infila una strada larga e diritta, si arriva alla Puerta del Sol. È un colpo d’occhio stupendo! È una vastissima piazza semicir-