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un due palmi, ornate di carta colorata, munite d'una punta metallica formata in modo che, una volta confitta nelle carni, non se ne può più staccare, e il toro agitandosi e scuotendola non fa che configgerla più addentro. Il banderillero prende due di queste freccie, una per mano, e si va a piantar ritto una quindicina di passi davanti al toro, e alzando le braccia e gridando, lo provoca ad assalirlo. Il toro gli si slancia contro; il banderillero, alla sua volta, corre verso il toro; questi abbassa la testa per dargli le corna nel ventre, quegli gli pianta le banderillas nel collo, una di qua e una di là, e con una rapidissima giravolta si salva. Se si china, se gli fallisce un piede, se esita un secondo, è infilato come un ranocchio. Il toro mugge, sbuffa, salta e si mette a inseguire i capeadores con uno spaventoso furore; in un minuto tutti son saltati nella corsia, l'arena è sgombra, la belva col muso schiumante, cogli occhi sanguigni, col collo rigato di sangue, pesta la terra, si dibatte, percuote la barriera, domanda vendetta, vuol uccidere, ha bisogno di strage, nessuno s'attenta ad affrontarla, gli spettatori empiono l'aria di grida: — Avanti! coraggio! L'altro banderillero! — L'altro banderillero si fa innanzi e pianta le sue freccie, poi un terzo, poi di nuovo il primo. Quel giorno gliene piantaron otto; la povera bestia, quando si sentì configger le ultime due, mandò un muggito lungo, straziante, orrendo, e slanciatosi dietro ad uno dei suoi nemici, lo inseguì sino alla barriera, spiccò un salto, e cascò con lui nella cor-