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il mare di fuoco 251

tento e quasi un’umiliazione, mi pareva che avrei provato un sollievo a lasciarglielo intendere, e anche a confessarglielo chiaramente. Ma il suo viso era una porta murata per tutti.

E pareva indifferente pure ai grandi spettacoli della natura. Io non gli vidi passare nemmeno un lampo sul viso, quella sera, davanti al tramonto più splendido e più strano che si fosse visto dopo che eravamo entrati nella zona torrida. Il cielo s’era rasserenato a oriente e a occidente, e il sole che stava per tuffarsi nel mare di bragia, enorme, come se si fosse ravvicinato alla terra di milioni di leghe, era attraversato nel mezzo da una striscia di nuvola sottilissima e nera, terminante di qua e di là al contorno del disco, in modo che il globo pareva spaccato in due emisferi paralleli, ma così nettamente e durevolmente, da dar l’illusione d’un prodigio. E nello stesso tempo si stendevano per aria, a un’altezza smisurata, otto meravigliosi raggi d’una luce come velata, ma di colori vaghissimi, che passarono lentamente per varie sfumature, dal bianco al rosa, al verdechiaro, e perdurarono dopo che il disco era sparito, coprendo un terzo quasi della vòlta del cielo, come un’immensa mano luminosa che