Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/252

Da Wikisource.
234 capitolo xiii.

astensione nelle cose italiane, ed anche di assoluto isolamento degli altri governi della penisola. Esso disgraziatamente esageravasi i vantaggi della sua posizione geografica, quando consolavasi di esser posto dietro la muraglia di Tartaria, cioè, disgiunto per il territorio pontificio dagli altri Stati italiani; però, e per questo, e perchè giudicava di potere incontrare. diminuzione anzichè aumento di forze nel congiungersi con principi che non avevano, nè il numero delle sue truppe, nè delle sue navi, non volle vincolare minimamente la propria condotta politica alla loro, nè interessarsi a quella che essi avrebbero seguita». Era sincero il Re? Forse. Di certo egli era soggiogato dal pregiudizio dell’indipendenza, per cui, ad un po’ per volta, finì per alienarsi non le sole potenze italiane, ma, per un motivo o per l’altro, quasi tutte le porsnze di Europa, e il Regno finì senza compianto.

Gli altri oggetti della conferenza di Roma coi rappresentanti di Firenze, Parma e Modena ebbero risultati positivi, sia per gli accordi ferroviari, sia per la ratifica del concordato con la Toscana. L’idea ghibellina di Pietro Leopoldo non informava più la politica ecclesiastica della Toscana. Nel 1848 era intervenuto il protocollo del 30 marzo con la Curia romana, ma di esso il Ridolfi voleva servirsi per arrivare alla lega politica col Papa, e quindi abbondò in concessioni. La lega non fu stretta, e il concordato non venne ratificato. A Gaeta, nel comune esilio, Leopoldo II e Pio IX s’intesero, e al ritorno nei rispettivi Stati, furono riprese le trattative. Venuto a Roma il Baldasseroni, con l’assistenza del Bargagli, ch’era a conoscenza dei precedenti ne- . goziati, furono discussi gli articoli controversi; e smesso per il momento il pensiero di un concordato pieno e perfetto, il quale abbracciasse tutte le materie concernenti la Chiesa e lo Stato, e fatte molte riserve dalle due parti, e col concorso del De Rayneval, che dette consigli e prestò uffici, la ratifica ebbe luogo il 25 aprile 1851. Si chiamò «concordato solenne e definitivo»; e il primo articolo conteneva una vera abdicazione dei diritti dello Stato, perchè diceva così: «L’autorità ecclesiastica è pienamente libera nelle incombenze del sacro suo ministero. È dovere dell’autorità laicale concorrere coi mezzi, che sono in sua facoltà, a proteggere la moralità, il culto e la religione, al-