Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/298

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280 capitolo xv.

del battesimo, ne avvisò a sua volta l’arcivescovo, e tutti e due furono d’accordo nel mandar la notizia a Roma, donde venne immediatamente l’ordine di portar via il ragazzo da Bologna, a qualunque costo, per esser chiuso nei Catecumeni. Nella esecuzione di quest’ordine, la sola misericordia, usata alla famiglia, fu di rinviare di ventiquattr’ore la partenza, facendo però cingere d’assedio la casa Mortara, perchè il fanciullo non fosse sottratto all’iniquo provvedimento. Si credette da principio, tanto pareva enorme il fatto, che si trattasse di una delle solite strozzature, alle quali andavano soggetti gl’israeliti nello Stato del Papa; ed i correligionari di Bologna, per stornare la cosa, si quotarono per somma cospicua, e più largamente i Sanguinetti. Ma l’offerta non servì a nulla, e nella sera del 24 giugno, il ragazzo fu strappato ai parenti, chiuso in vettura fra due gendarmi, che ne soffocavano le grida, e la carrozza partì di gran carriera. Il piccolo Mortara fece il lungo viaggio, senza il conforto di un congiunto, o di una donna; e giunto a Roma, fu consegnato al rettore dei Catecumeni, ed indi fatto entrare nel collegio di San Pietro in Vinculis, dove fu ribattezzato e destinato al sacerdozio. Nel secondo battesimo fu chiamato Pio, e il nome di Edgardo restò secondo. Oggi egli è il padre Pio Edgardo Mortara, canonico regolare lateranense, e missionario apostolico. Contrariamente a quanto si disse, egli non entrò mai nella compagnia di Gesù.


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Quanti sono della mia generazione ricordano il clamore, che levò nel mondo il compassionevole caso. Cavour ne fece oggetto di vivaci commenti nel mondo diplomatico, e i giornali di Piemonte, con quelli di Francia, d’Inghilterra e d’America, non risparmiarono biasimi alla crudeltà del governo pontificio. Napoleone III, informatone direttamente da suo cugino Gioacchino Pepoli, con lettere scritte da Federico Vellani, che ne era il segretario, ne fu profondamente impressionato. I Mortara vennero a Roma, e Girolamo ottenne un’udienza dal Papa, e un’altra dal cardinale Antonelli; i quali furono cortesi, ma irremovibili, e solo gli permisero di vedere il figliuolo, chiuso allora nel