Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/314

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296 capitolo xv.


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Agli ebrei era, com’è noto, vietato abitare fuori del Ghetto, donde non avevano interesse di snidare, perchè vi godevano dei privilegi, fra i quali un antichissimo diritto di locazione ereditaria, detto jus gadzagà, che obbligava i proprietari a non alterare la misura dell’affitto. Era questo uno dei provvedimenti, escogitati dal governo pontificio, per impedire il rialzo delle pigioni, che a Roma, del resto, eran più basse che in ogni altra città d’Italia, prima del 1870. Il primo ebreo romano, che si azzardò di aprire un negozio fuori del recinto giudaico, fu Isacco Pacifico, il quale si obbligò a pagare dieci scudi all’anno, alla parrocchia di Santa Maria in Via. Anche Samuele Alatri, la figura più notevole dell’università israelitica, aveva il suo ufficio fuori del Ghetto, al palazzo Antici Mattei, e per trasferirvelo, dovette ottenerne l’assenso del parroco di San Carlo ai Catinari, ed obbligarsi ad una grossa contribuzione. I parroci avevano pieni poteri, e potevano, anche da un momento all’altro, far rientrare gl’israeliti in Ghetto. Ma tutto questo era nulla rispetto ai pregiudizi cristiani, e alle angarie del governo pontificio. Se negli ultimi anni, grazie alle miti tendenze di Pio IX, non si videro più le tristi scene, delle quali furono vittime gli ebrei, nondimeno molte cose erano sopravvissute. Alle domestiche cristiane, per esempio, era proibito servire nelle case degl’israeliti; i giovani non erano ammessi a frequentare l’Università, a meno di forti raccomandazioni, e dovevano esclusivamente iscriversi nella facoltà di medicina, con giuramento che, conseguito il diploma, dovessero curare i soli israeliti.

Peggiori pregiudizi rimanevano vivi nel mondo aristocratico. Gli ebrei non erano ricevuti nei saloni aristocratici, ma ciò non tolse, che quando, nel 1864, venne in Roma la baronessa Natalia de Rothschild, accompagnata dalla sua dama di compagnia Saint-Mary, e prese alloggio principesco all’albergo di Londra, fosse ricevuta in casa Caetani, invitata ai balli di casa Rospigliosi, e ad un pranzo in casa Massimo, all’Aracoeli, come non tolse, che ai grandi ricevimenti, che ella dette, accorresse tutta la Roma blasonata. E quando, pochi anni dopo, un giovane