Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/371

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alla vigilia della guerra, ecc. 353

profonda, ma non bandito il pericolo, che una battaglia vinta dall’Austria avrebbe rimenata l’Italia alle delusioni, agli errori ed alle risoluzioni estreme del 1848.


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La Pasqua cadde in quell’anno il 25 aprile, quando la guerra era divenuta certa, tre giorni dopo che il barone di Kellesberg, inviato austriaco, aveva consegnato a Cavour l’ultimatum del conte Buol, chiedente il disarmo e il licenziamento dei volontari nel termine di tre giorni, e ritenendo il rifiuto quale dichiarazione di guerra del Piemonte all’Austria. Il Comitato Nazionale di Roma organizzò, per la festa di Pasqua, una dimostrazione di simpatia all’ambasciatore di Francia e all’incaricato d’affari di Sardegna; e un’altra più clamorosa all’esercito francese, dopo la gran benedizione sulla piazza di San Pietro. Compiuta difatti questa cerimonia, le carrozze della diplomazia e dell’aristocrazia, che erano le privilegiate, passavano lentamente sul ponte Sant Angelo. Quando furono viste le tre carrozze del duca di Gramont sul ponte, scoppiarono applausi e grida: viva la Francia! viva l’Imperatore! viva l’Italia!; grida, che si rinnovarono più forti, quando passò nella sua modesta vettura di rimessa il conte Della Minerva, accompagnato dal segretario della legazione, Della Croce. Ben altra sorte toccò al Colloredo, il cui passaggio fu accolto da qualche fischio, onde quel diplomatico, giunto al palazzo Venezia, si svesti subito dell’uniforme, e in vettura di piazza si recò dal cardinale Antonelli, a protestare contro quell’irriverente manifestazione. Ma in piazza San Pietro si trovò mescolato alla dimostrazione, che si era andata ingrossando a favore dell’esercito francese. Si seppe, che il colloquio tra l’ambasciatore ed il segretario di Stato era stato vivace. Un altro incidente di quel giorno fu l’apparizione in piazza San Pietro del console degli Stati Uniti, signor Clendeworth, in uniforme bianca, per cui fu preso per ufficiale austriaco, e sonoramente fischiato. Il console protestò, gridando: viva l’Italia!; e i fischi si mutarono in applausi. La sera del lunedì, dopo l’illuminazione della cupola, e lo spettacolo della girandola al Pincio, vi fu altra dimostrazione al palazzo Colonna e al palazzo Ruspoli.