Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/57

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richiamo del baraguay - nuove tasse 39

entrato poi nell’amministrazione militare, divenne, via via, intendente, ispettore, direttore e colonnello. Il Farina si votò alla riorganizzazione di quell’esercito, il quale non essendo di leva, ma di volontari reclutati in vario luogo, presentava tutti gl’inconvenienti degli eserciti raccogliticci e mercenari. Egli ebbe il concetto di fare un esercito nazionale, ma siccome occorrevano gli ufficiali, e lo Stato del Papa non aveva istituti militari, il Farina fondò nel 1855 una scuola di cadetti, inaugurata il primo maggio di quell’anno con un discorso di lui e uno di monsignor Tizzani, cappellano maggiore. Si chiamò scuola o compagnia, e più tardi collegio militare, ed ebbe sede nel palazzo Cenci, al ghetto. I primi alunni di quel collegio furono, tra gli altri, il conte Dandini, il marchese Corelli di Fusignano, il marchese Pietramellara, il conte Salimei, il marchese Guglielmi e il conte Ubaldini di Urbino, in fanteria; in artiglieria, Giuseppe Pierantoni e Ludovico Muratori, scrittore di commedie. Il Farina sperava cacciarvi dentro i cadetti delle grandi famiglie patrizie, collocati dal regime del maggiorasco in una posizione quasi umiliante e di certo falsa e oziosa, ma quelle famiglie rifuggivano dalle armi, e i cadetti preferivano entrare nella carriera ecclesiastica, o nella corte, o nel personale dei rioni. Erano ben lontani i tempi, nei quali combattevano a Lepanto Marcantonio Colonna e Onorato Caetani!

Dati i nuovi tempi, il Farina fece miracoli nell’amministrazione militare. Egli ebbe più tardi il grado di generale, e quello onorifico di cameriere di spada e cappa, e vivamente compianto, morì nella sua casa in via del Babuino. Era un galantuomo. Ammogliato con la signora Vittoria Paglieri, una delle sue figliuole sposò Augusto Castellani. La successione fu raccolta dal cardinale Antonelli, e poi da monsignor De Merode, Cappellano maggiore dell’esercito era stato nominato fin dal 1850, monsignor Vincenzo Tizzani, canonico lateranense, vescovo di Terni fin dal 1843, e poi nel 1855 promosso arcivescovo di Nisibi. Era stato l’amico intimo di Gioacchino Belli, e a lui si deve se furono conservati tanti tesori del poeta romanesco, e se fu fatta la prima edizione dei sonetti. Era un brav’omo, che sarebbe riuscito a tutti gradito; ma, avendo avuto l’incarico di dare gli esercizi spirituali ai detenuti politici nel carcere di San Michele,