Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/121

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carsi in casa mia, far parlare la gente, deprezzare lo stabile. Sì, con quelle poche tasse....

— Ma capisce che io....

— È un pezzo che mi si mena per le belle sale, caro mio signor riverito! — tornò a replicare quel bravo signore, ingrossando la voce e gli occhi, — e io, se non pago le tasse, l’esattore non s’impicca, no, lui! Sono tre semestri che si tira avanti, ora con una scusa, ora con un’altra e titup e titep.... — qui el sor ragionatt imitò benissimo la voce d’un bambino viziato. — Roba da ridere! Son cinquecento lire per semestre, e di parole ne ho piene le.... i.... Ci vuol altro che rompere la testa tutti i momenti colle riparazioni, e non essere mai contenti, e il suolo, e la tappezzeria, e la stufa, e il caminetto, e l’inglese e la francese. L’è finita adesso. Son mille e cinquecento lire che mi vengono e, se per Pasqua non vedo i rispettivi, metto il sequestro e chiamo lui responsabile.

Il Berretta, spaurito di questa grossa voce che minacciava il sequestro, che per un portinaio timido e bisognoso è come dire una baionetta nel ventre, alzò un poco le mani verso il signor Pianelli, come se volesse dire:

— Paghi un po’, fuori dei piedi....

— Anch’io devo vedere come stanno le cose.... — osò dire Demetrio.

— Le cose stanno come dico io. Pasqua è