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Lezione IV

[IL «CINQUE MAGGIO»]

Dunque seguiamo il Manzoni nella formazione faticosa dei suoi ideali. Io vi mostrai negl’inni gli elementi di un nuovo mondo e di un nuovo uomo, che il Manzoni poi ha cercato realizzare nell’Adelchi e nell’Ermengarda. Ha tentato di realizzarli drammaticamente; ma come vedemmo ne è riuscito un Coro, un semplice accento lirico.

In effetti, perché la lirica cristiana non sia una semplice effusione piena di unzione, una vuota generalità, è necessario che il poeta vi aggiunga la lotta ove si sviluppa l’elemento drammatico, la lotta tra il terreno e il divino.

Nel Medio Evo quella lotta concepivasi in modo esteriore e spesso fantastico e grottesco: i romantici, che ricostruivano nel secolo XIX il Medio Evo, han cercato ottenere l’effetto esteriore dal fantastico e dal grottesco, come vedremo quando esamineremo l’Ildegonda di Tommaso Grossi. Basta che voi ricordiate le «missioni» dei vostri paesi, rammentiate come i predicatori rappresentano la morte cristiana: al letto del morente sono l’Angelo buono e l’Angelo cattivo, che si contendono l’anima: uno vuol inspirare nel moribondo la memoria delle sue vicissitudini terrene, l’altro cerca di elevarlo al cielo. Ecco il grottesco, ma questo grottesco è stato pure il fondamento di tutta la poesia del Medio Evo. Che cosa è infatti la Divina Commedia? Ma la lotta tra il terreno e il divino presentata in tre momenti successivi, Inferno, Purgatorio e Paradiso!