Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/178

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Questo cominciare da un tempo così prossimo alla catastrofe è un inconveniente del meccanismo tragico, perché essendo l’azione rinchiusa in ventiquattro ore e in piccolo spazio, non vi si può abbracciare un grande numero di fatti. Chauvet dunque dice che il quarto atto dovrebbe essere il primo: allora scoppia la lotta tra il Senato e il Conte di Carmagnola, nasce ciò che in linguaggio drammatico dicesi «collisione», il conflitto drammatico. Per mantenere la collisione dovrebbe mettersi forza contro forza. Da una parte il Conte appoggiato sul suo esercito, sua moglie e sua figlia non dovrebbero restare oziose nella lotta, ma operare; poi il popolo, perché quel Senato era un’oligarchia sospettosa, e il Conte per resistergli dovrebbe farsi sostenere da esso. — Da una parte, dunque, il Conte col popolo, le donne, l’esercito; dall’altra il Senato e le altre istituzioni di Venezia: ecco già tutta una tragedia; e Chauvet aggiunge: — Dovrebbe avvenire che il Conte fosse vicino a schiacciare il Senato, ma là si arrestasse, e dicesse a se medesimo che ciò sarebbe contrario al suo onore, alla parola data. Nascerebbe in lui la collisione, e mentre egli starebbe deliberando, ecco il Senato ad arrestarlo e sottoporlo al consiglio segreto — .

Manzoni esamina questo piano nella sua risposta e lo confuta con molte ingegnose osservazioni.— È bene immaginato, egli dice, ma non ha nulla che fare con la storia: ai tempi di Carmagnola popolo non ce n’era, popolo consapevole di sé, tale da poter gettare il suo peso sulla bilancia. L’esercito era lontano dal Conte, e se fosse intervenuto, avrebbe disfatto il Senato, anche se il Conte non lo avesse voluto. Le donne non prendevano parte alle lotte politiche, rimanevano chiuse in casa, e perciò non le introduco che all’ultimo nella tragedia. Tutto questo bel romanzetto di Chauvet non è tragedia storica, e il fondamento dell’interesse tragico dev’essere qualche cosa di serio che nasca dal movimento storico e non giá un parto della fantasia — .

Così Manzoni in quella lettera rivela ciò che ha voluto fare, quali sono stati i suoi fini, e noi senza smarrirci in altre indagini, abbiamo lui stesso che dice: — Ho voluto fare, ho fatto