Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
nota | 385 |
Io vi dirò in breve, o signori, come Sismondi espone questo concetto al quale egli attribuisce la decadenza del popolo, e questa disamina ci servirà per concepire più chiaramente l’ideale del Manzoni.
La morale cattolica, secondo il Sismondi, ha due momenti nella sua esistenza, ne’ quali è sempre corruttrice; quando nasce cioè, e quando è depravata da’ casisti. Quando la virtù, dice Sismondi, capita fra gli ascetici, essa viene esagerata, ed invece del concetto della virtù conforme alla natura umana, si ha una depravazione del concetto ragionevole di essa.
Per esempio la sobrietà è una virtù che ha per fine la mens sana in corpore sano, perché l’eccesso de’ cibi nuoce al corpo ed in conseguenza allo spirito. Or bene gli ascetici, o mistici, esagerando ed oltrepassando questo concetto giusto della sobrietà, invece di essa vi predicano l’astinenza, il digiuno, il cilizio, la macerazione del proprio corpo. Ed è questa, o signori, una virtú esagerata,- perché non nasce dalla natura umana, ma da un concetto ascetico della morale cattolica; e poiché è contro l’umana natura questa macerazione della propria carne, l’ascetismo vi ha fatta una morale guasta.
La continenza è un’altra virtù; ed anche di una donna maritata si può dire ch’essa è casta e continente, perché non è necessario astenersi dalle funzioni naturali per dirsi continente. Lo scopo di essa è la sobrietà e quella purezza d’animo scolpita sì vivamente in quel che Livio disse di Lucrezia: Corpus violai um est, animus vero insons. La purezza dunque dell’animo costituisce la castità. Ebbene il cattolicismo ha esagerato questo concetto, riponendo lo stato della perfezione nel celibato, nella verginità: ed il monaco e la monaca sono obbligati a sciogliersi da ogni legame di famiglia e di convivenza sociale, e nascondere alcune fiate sotto la maschera dell’astinenza gli eccessi della Signora di Monza, od altri simili.
La modestia, la più amabile delle virtù, l’est modus in rebus, è la stima moderata di se stessi senza la volontà di usurpare il merito degli altri, cioè senza ostentazione. Meno l’uomo è grande, e più egli cerca ostentare il merito che non ha; e più l’uomo è grande, e piú egli è
25 — De Sanctis, Manzoni. |